martedì 21 febbraio 2012

Brancaleone, visita alla casa che ospitò Pavese di Dante Maffia





Brancaleone, visita alla casa che ospitò Pavese
di Dante Maffia


a Pino Furferi

M’accoglie un vecchio signore smarrito
che pare arrivato da mari lontani.
Gli treman le mani, ha un unto berretto sgualcito
e gli occhi perduti in ricordi lontani.

La stanza è una povera cosa lasciata a perire
dentro una polvere lieve, in un cauto abbandono.
“Eh, alla sorella scriveva del dolce frinire
delle cicale, chiedeva con smania in dono

-ma presto- una cassa di libri. La vede?
La cassa è rimasta, ma è vuota. Io ho comprato
i suoi libri … non, non l’ho letti, che crede,
che io abbia avuto mai tempo di stare malato

un sol giorno? Sopra la porta è attaccato
un foglio con delle notizie essenziali.
Era un povero figlio assai triste, ammalato,
con mille problemi, coi mille suoi mali”.

Il mare ora è chiuso da un muro, da alberi assenti.
Non s’ode neppure il suo grido, la voce è perduta
nei cupi meandri di pagine … “Pino, non senti
il suo fiato?”. “Ecco una foto, l’ho avuta

da poco da una venuta … chissà… da Torino,
forse; aveva un aspetto elegante e gli occhi neri.
In braccio stringeva amorosa un bambino.
No, non ricordo, due mesi fa, forse ieri…”.

Il vecchio si tocca la fronte. “Pavese, Pavese!
Nessuno poteva pensare che fosse scrittore.
Mangiava del pane raffermo e senza pretese
beveva il suo latte come bevesse un dolore.

Fortuna che c’era quella ragazza a dargli conforto,
che l’accudiva e gli offriva un barlume di grazia.
Diceva la giovane: ‘Dei giorni sembra ch’è morto,
per lui lo scirocco è una vera e propria disgrazia’”.

Tossisce. Si tocca ancora la fronte. Il poeta non c’è.
Forse non c’è mai stato. Il Bar Roma adesso
è pieno di gente che gioca a tressette. Perché
dovrebbe sapere di quel langarolo e del brutto processo

patito dal povero cristo che poi diventò… Ma dai,
la storia si fa col senno di poi. Pavese
era uno dei tanti, uno a cui mai
avresti fatto credito d’immortalità. Non chiese

un solo favore, si dice Brancaleone, non si piegò
a niente e a nessuno. Leggeva e scriveva. Guardava il mare
e quando un giorno per caso avvistò
una barca arrivare si chiuse a riccio. Che fare

per aiutare un ragazzo così solitario? È accertato
che spesso parlava tra sé, coi fantasmi. Un oscuro
presagio lo corteggiava. Poi una stella gli cadde sul prato.
Fu quella che presto divenne il suo porto sicuro.

(in: Dante Maffia, Sbarco clandestino, introduzione di Lina Sergi, prefazione di Nicola Merola, Tracce edizioni, Pescara 2011)

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