giovedì 31 marzo 2011

Il mare a primavera



Il mare a primavera



Il timido sole primaverile mi ha portato, oggi, sulla spiaggia. Il mare è calmo, le acque limpidissime. Su un molo vicino tre pescatori sono intenti a seguire i movimenti delle loro canne da pesca. Sono due anziani e un giovane. Sul lato opposto tre ragazzi giocano con la sabbia. Poi più niente. Lungo un viottolo, vicino ad alcuni alberi di agrumi, che guardano in faccia il mare, da alcuni cassonetti di rifiuti si alzano lingue di fumo nero, si stagliano verso un cielo azzurro, perfettamente limpido. Sull’arenile del materiale inerte, un ammasso di rifiuti d’ogni genere.
   
Vedo le onde pavoneggiarsi e con ampi sorrisi spumosi sbaciucchiare la spiaggia, sempre più morbida alle carezze. Sono onde lieve, fanno le capriole sulla riva con un leggero mormorio, un canto dolcissimo. Mi fanno tenerezza con quel cullarsi sempre eguale, oggi come ieri, ora come qualche secondo fa. Sono sempre eguali le onde, come le nuvole, come i giorni, eppure, come i giorni e le nuvole, sempre diverse.

Cammino quasi a toccare l’acqua, le mie orme calpestano la riva liscia e lasciano un profondo segno nella sabbia, ma per poco, l’abbraccio delle onde piano piano riporta tutto come prima; forse sto disturbando, e mi sposto un po’ più indietro, dove l’acqua non arriva. Non ci sono gabbiani. Mi chiedo perché. Non so darmi una risposta.

Sulla strada vicino transita qualche auto, non vi sono pedoni ad eccezione di un gruppo di cittadini albanesi. Parlano animatamente e camminano con passo veloce, ognuno ha una busta di un supermercato. Intanto un altro cassonetto ha preso fuoco, questa volta non c’è solo fumo, ma anche fiamme.

C’è silenzio sulla spiaggia, i ragazzi si sono seduti vicino a un cumulo di rifiuti. C’è un po’ di tutto: resti di un copertone di camion, qualche bottiglia di plastica, vecchie piastrelle strappate a qualche abitazione rimessa a nuovo, pezzi di legni ben levigati e secchi restituiti dal mare in una notte agitata. Da un cespuglietto polveroso spunta un braccio di una bambola di una volta, plastica color rosa, un po’ più distante una gamba e, infine, sotto un pallone squarciato la testa, senza capelli e senza più occhi. Un giorno fu certamente la gioia di qualche bambina, ora è lì, martoriata, fatta a pezzi chi sa da chi e, poi, il resto lo ha fatto il tempo, la pioggia, il sole, il vento, le stesse onde marine.

Non c’è una nuvola in questo cielo azzurro chiaro, il sole comincia a declinare verso il mare, sempre più cristallino. Mia nipote fotografa le nostre ombre, che si allungano in ridicole forme sulla sabbia e finiscono, beati loro, per bagnarsi nel mare, del resto l’acqua è fresca oltre che pulita.
Le onde continuano a corteggiare la spiaggia. Forse la nostra presenza crea un qualche imbarazzo. Piano piano ci allontaniamo, non vogliamo disturbare. Sì, andiamo via, lasciamole sole; capisco, ora, perché non ci sono i gabbiani: loro sono discreti, sanno come comportarsi in certi momenti.

Andiamo via, lasciamo alla spiaggia le carezze delle onde, che restino ancora un po’ in pace, poi verrà l’estate, tumultuosa e invadente, a rubare alle onde, al mare, alla spiaggia, il sorriso.

Nessun commento:

Posta un commento